News

Le miniere dell'isola d'Elba

 

Una genesi che possiamo far risalire al periodo della deriva dei continenti, epoca in cui il continuo movimento delle placche tettoniche ha contribuito all’emersione, nel settore occidentale dell’arcipelago toscano, di quella montagna granitica che oggi possiamo indicare col nome di Monte Capanne e, nella parte orientale, alla formazione di rocce sedimentarie, risultato della commistione tra materiale magmatico, acque idrotermali e rocce calcaree preesistenti.

L’isola d’Elba è stata uno dei depositi ferriferi tra i più antichi al mondo, raggiungendo la sua massima espansione nel periodo etrusco. Età di cui restano tracce nei ritrovamenti effettuati dagli studiosi, frammenti di materiale ferroso che ancora oggi vengono individuati in alcune delle spiagge più vicine alle miniere: miste a ciottoli e sabbia, si riescono ancora ad individuare come detriti di lavorazioni passate.
Gli etruschi estesero il loro dominio sull’Elba proprio per le sue ricchezze minerarie, e si attrezzarono per la lavorazione costruendo forni in zone boschive a ridosso delle spiagge. Questo per due motivi: il primo, perché il legname serviva per alimentare i forni per la produzione del ferro, e il secondo, perché l’accesso al mare permetteva il trasporto marittimo di ciò che veniva prodotto. Con l’esaurimento delle foreste, la produzione si spostò successivamente verso il litorale toscano.
In seguito, le miniere vennero sfruttate rispettivamente da ognuno dei governi che dominarono l’isola: governi locali, repubblica marinara di Pisa, Signori e Principi di Piombino, Napoleone Bonaparte, Granducato di Toscana e Regno d’Italia.
Col Granducato di Toscana si sancì il diritto di estrarre il ferro anche nei terreni privati, mentre per la gestione delle miniere da parte di organismi non statali bisogna aspettare la nascita di un consorzio che avviene solo col Regno d’Italia. 

Ma è nel 1899, con la costituzione della Società Elba Anonima di Miniere e Altiforni, che si ha una vera e propria svolta verso uno sviluppo industriale della produzione siderurgica. Tutti i minerali che si riesce ad estrarre dalle riserve elbane, come magnetite, ematite, limonite, siderite e pirite, diventano i principali elementi per la produzione di acciaio.
Dal 1924 fino a quasi gli anni 80 del secolo scorso, si assiste ad una successione di aziende private negli appalti per la conduzione delle miniere: dalla Elba S.p.A. alla Società Concessionaria delle Miniere, all’Ilva, alla Ferronim, fino all’Italsider.
Negli anni 50, in seguito al forte sviluppo del turismo dovuto al boom economico, ma anche in concomitanza con una serie di scioperi dovuti a mancati accordi tra sindacati e aziende, inizia la chiusura delle miniere che si conclude definitivamente nel 1981.
Resta ancora oggi, però, la possibilità di visitare i siti minerari dell’Elba attraverso musei, visite guidate e percorsi didattici curati dal Parco Minerario Isola d’Elba e dal Parco Minerario Calamita.
Una miniera che rimane, per così dire, pronta all’uso, è la Galleria del Ginevro, nel comune di Capoliveri, il giacimento di magnetite più grande e più produttivo d’Europa, considerata dallo Stato italiano una riserva di materiale ferrifero da poter utilizzare in situazioni di emergenza o di necessità. 
Si può visitare scendendo fino a 24 m sotto il livello del mare attraversando un tunnel illuminato in cui una estremità è crollata, lasciando una sola apertura verso uno strapiombo a 54 m sotto il livello del mare.
Anche le altre due miniere facenti parte delle miniere di Capoliveri, la Miniera di Calamita e la Miniera di Sassi Neri, hanno lasciato segni evidenti delle estrazioni fatte in passato, segni che si possono ammirare visitando tutta la zona seguendo percorsi dedicati.
Per visitare invece la più antica miniera dell’isola, il Parco Minerario di Rio Marina, oltre a itinerari didattici, si può scegliere di fare delle piccole escursioni su un trenino turistico: un tour caratteristico attraverso i principali cantieri della miniera di Rio Marina.